Seven Roots Blues: intervista all’autore Mattia Valentini

La redazione di Edizioni NPE intervista Mattia Valentini, al suo esordio nel mondo dei fumetti, con all’attivo già il suo primo sold-out nell’ultima edizione di Lucca Comics & Games 2018. Il suo Seven Roots Blues è un piccolo gioiello che non è passato inosservato e che sta entusiasmando non soltanto gli appassionati di musica, ma soprattutto tanti ragazzi che per la prima volta si sono avvicinati al mondo del graphic novel.

 

Sfogliando il tuo libro e osservando la copertina si direbbe che il genere e lo stile che tratti ha una forte matrice noir. Mi sbaglio?

Effettivamente il genere Noir è strettamente connesso al mondo del Blues. Non a caso questo tipo di musica nasce e si compone, con gli stilemi con cui lo conosciamo oggi, nei primi del ’900 negli USA, in un ambiente di proibizionismo, recessione e malavita organizzata: l’ambientazione classica del genere Noir. In realtà il Blues ha radici molto più profonde, come il Jazz: sono figlie di una stessa madre, rami di uno stesso albero, l’Africa. I primi Blues non possiamo definirli con esattezza, potevano essere musiche rituali, ritmi tribali, o canti di lavoro. Quello che sappiamo per certo è che il Blues e l’afroamericano sono facce della stessa medaglia.

 

Sei un autore italiano, che scrive in italiano per una casa editrice che vende libri in Italia. Perchè hai scelto un titolo in inglese? Non pensi che possa essere una scelta penalizzante per chi non ha confidenza con lingue straniere?

Ho scelto la lingua inglese per il titolo in quanto il progetto è pensato come fosse un concerto vero e proprio: le varie storie diventano i brani di questa esibizione musicale ed ogni storia ha un titolo sempre in inglese, proprio come fosse il titolo di una canzone Blues.

La fonetica anglofona è parte integrante del carattere del Blues, volevo preservare questo sapore, almeno nel titolo. Spesso all’interno delle narrazioni è possibile cogliere dei chiari riferimenti musicali. Per esempio, nella prima storia il prologo è intitolato Turn Around, che nel Blues sta ad indicare il giro melodico di passaggio fra una strofa e l’altra. Le tavole successive sono dodici, 
come le battute di cui è formato un classico giro Blues. Nei racconti successivi non mantengo questa metrica, ma le varie storie avranno comunque una cadenza ritmica ed una struttura precisa, con l’intento di creare una relazione musicale con la composizione fumettistica delle 
tavole.

A prima vista le tue tavole sembrano inchiostrate a mano con una tecnica classica ma si evince ad una più attenta osservazione che non vi è inchiostro. Con quale tecnica hai realizzato questo volume?

I disegni sono stati realizzati in digitale, dai concept del layout alle matite, all’inchiostrazione, sempre costruita con la stessa metodologia. Anche se poi, tra una storia e l’altra, c’è sempre una 
sottile mutazione dello stile. In passato mi sono visto affrontare le varie sceneggiature con una tecnica grafica ogni volta completamente differente, in base al progetto narrativo e al sapore che mi evocava la narrazione che stavo trattando. In questo caso non è differente, anche se la tecnica rimane la stessa, il segno si evolve storia dopo storia seguendo la linea narrativa scelta.

Anche la regia, i tagli di inquadratura, i tempi di narrazione, vanno a caratterizzare e a distinguere le differenti storie.

La scelta della tecnica non è mai la mia prima preoccupazione, forse perché mi piace muovermi liberamente in ogni tipo di espressione artistica e tecnica grafica senza timore di affrontarla per la prima volta. Sicuramente da quando ho cominciato a padroneggiare le tecniche digitali uso più raramente quelle classiche, per il semplice motivo che la tecnica è in funzione di ciò che voglio realizzare, e con le tecniche digitali le possibilità e il controllo del risultato non sono paragonabili 
ad una tecnica classica. Ad oggi gli autori che mi colpiscono di più sono quelli che riescono ad usare tante tecniche miste, le tecniche più classiche e quelle più moderne contemporaneamente, senza concentrarsi e chiudersi troppo nella forma ma curando al dettaglio la sostanza, che sia estetica o che sia concettuale.

Come nasce Seven Roots Blues e come si arriva dalla pagina bianca a concepire una narrazione così strutturata e complessa?

L’idea nacque in un periodo in cui mi stavo tuffando sull’argomento Blues in tutte le sue sfaccettature. Quando si studia un genere musicale, proprio come in Storia dell’Arte, non si può prescindere dal contesto politico e sociale in cui è nato. Così cominciai ad occuparmi ed interessarmi anche della natura dell’afroamericano fuori dagli ambiti più strettamente musicali. Dalla tratta degli schiavi all’apartheid, dai primi poeti e scrittori di colore ai grandi maestri della letteratura afroamericana che nacquero in concomitanza con questo genere musicale. Mi appassionai talmente tanto a tale argomentazione da sentirla mia, fino a cominciare a percepire chiaramente un’esigenza improrogabile di esprimere questa consapevolezza che si raggiunge quando si attraversa un tema in modo cosi ampio e profondo, un bisogno di esternare le emozioni che senti e di riproporle concettualmente e visivamente.

Inizialmente realizzai un progetto di sei illustrazioni che poi mi ispirò le sette narrazioni di Seven Roots Blues e senza pensarci troppo – altrimenti probabilmente avrei desistito – cominciai la realizzazione di questa impresa che mi ha impegnato gran parte degli ultimi anni.

Dalle tue parole e dall’argomento trattato nel tuo graphic novel si intuisce che il rapporto che hai con la musica è molto profondo. Immagino quindi che tu sappia suonare uno strumento. Quando nasce il Mattia Valentini musicista?

Ho cominciato a suonare da giovanissimo, nel mio primo concerto avevo undici o dodici anni e suonavo la chitarra elettrica. Cominciai a militare nella mia prima band non ancora maggiorenne come pianista, quindi la musica è parte integrante della mia gioventù ed elemento granitico della mia formazione umana e artistica, nonché argomento persistente in ogni mio operato.

Si dice che non si sceglie di diventare musicisti, è la musica che sceglie chi può avere il privilegio di percepirla, di comprenderla e di poterla vivere: è un dono. Anche se non mi considero un musicista, io mi sento uno di questi fortunati, e questa passione rimane con me in ogni momento, qualsiasi cosa faccia. Ieri delle illustrazioni, oggi un graphic novel, domani un video di animazione, la musica è sempre l’imprescindibile protagonista e ospite d’onore.

Trattando un argomento così ampio come quello del Blues, che ricopre molti decenni di storia, come hai selezionato i bluesmen da citare e con quale criterio?

I musicisti che hanno segnato la storia del Blues sono tantissimi, ancora oggi ne scopro di nuovi… forse anche perché ogni tanto me ne dimentico qualcuno. Prima di iniziare a stendere la struttura narrativa, come ho già accennato precedentemente, mi sono documentato attingendo da 
molteplici e differenti fonti di informazione, facendomi un’idea d’insieme e quindi riuscendo a tracciare una linea, più o meno definita, degli elementi chiave più importanti nel corso di circa cento anni di storia. Il tutto è stato poi rielaborato in una creazione narrativa di fantasia e quindi riproposta in una forma romanzata dove ancora una volta i personaggi selezionati hanno subìto una selezione, ricoprendo i vari ruoli a disposizione. Inevitabilmente queste scelte sono state 
influenzate ulteriormente dalle mie esperienze personali e dal legame affettivo che mi lega ad alcuni di questi personaggi. Ne citerò alcuni che hanno superato tutte le selezioni ottenendo una parte, in ordine casuale: Brian Jones, Howlin’ Wolf, Bessie Smith, Bob Brozman, Lead Belly, Johnny Winter e Blind Blake.

 

Quali sono i tuoi progetti fumettistici futuri: avremo la possibilità di leggere una tua nuova storia al prossimo Lucca Comics?

Con l’editore stiamo esaminando diverse possibilità e ipotesi per una nuova collaborazione, Nicola Pesce ha una grande esperienza nel settore, sarà sicuramente formativo e stimolante trattare insieme a lui un nuovo argomento da affrontare. Però è tutto ancora in stato embrionale, vedremo quali sorprese ci riserva il futuro. Inoltre sto collaborando con un’altra casa editrice ad un progetto che vedrà la luce per l’ottobre del prossimo anno, quindi per Lucca 2019. In questo caso però non mi occuperò della sceneggiatura ma coprirò esclusivamente il ruolo di disegnatore e colorista.

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