Intervista a Ivo Milazzo in occasione dell’uscita del fumetto inedito «Tina o Maria»
A distanza di anni dall’epilogo delle avventure di Ken Parker, Ivo Milazzo torna in libreria con un nuovo graphic novel che abbiamo l’onore e il piacere di pubblicare: «Tina o Maria – Riflessi di una vita», dedicato alla figura di Tina Modotti, fotografa, attivista e attrice italiana. Un progetto riposto in un cassetto della mente del maestro da quasi vent’anni. In occasione dell’uscita di questo atteso inedito, vi proponiamo una chiacchierata che Nicola Pesce ha avuto con l’autore.
NP: Caro Ivo,
grazie per aver accettato questa mia piccola intervista. Tendo a dare per scontata la tua amicizia, che è un lusso che solo le amicizie forti si possono permettere, ma alle volte quando oltre che un amico devo considerarti un artista, comincio a tremare. Una volta millenni fa rappresentavano le persone importanti come dei giganti. Ecco, se io ti dovessi rappresentare come artista avrei bisogno di un muro molto grande!
Così, pieno di timore reverenziale, ti pongo le mie piccole domande.
Nel 2018 hai pubblicato con noi il saggio L’Emozione delle Immagini, un enorme lavoro che affronta il mondo del fumetto a 360° dall’alto della tua esperienza, tanto nell’averlo vissuto e domato, quanto nel saperlo comunicare ai lettori.
Ma lavorare a un’opera a fumetti, prendere in mano matita e acquerelli, è totalmente diverso. La tua ultima fatica fu la storia conclusiva di «Ken Parker» per Mondadori Comics, nel 2015, quindi ben 6 anni fa. Mentre l’ultimo lavoro “non kenparkeriano” risale al 2009, con la meravigliosa storia ispirata alla biografia di Fabrizio De André Uomo Faber.
Come mai ci sono stati tanti anni di pausa tra le tue ultime tre opere?
IM: Tra Uomo Faber e la storia di KP, Fin dove arriva il mattino, in realtà è accaduto altro.
Nel 2010 ho curato una iniziativa specifica per il 150mo anniversario dell’Unità d’Italia dal titolo Storie d’Italia sui testi di Francesco Artibani.
Con il sostegno del direttore in carica del Museo del Fumetto di Lucca, Angelo Nencetti, insieme a Francesco abbiamo pensato a una serie di racconti a colori che potessero idealmente rappresentare vicende e sentimenti del periodo storico, grazie all’apporto grafico di altri colleghi disegnatori. Il direttore del «Giornalino» delle Edizioni San Paolo, Stefano Gorla, è stato il tramite editoriale che ha diffuso il progetto in due volumi brossurati per celebrare l’avvenimento con l’arte sequenziale del medium Fumetto.
Poco dopo è successo un fatto che reputo un regalo inatteso della vita: la conoscenza del noto regista Ettore Scola! Grazie al mio agente Tommaso D’Alessandro, ho avuto la possibilità di arrivare addirittura a collaborare con Ettore per rendere in un graphic novel un suo film non realizzato per propria scelta etica e a instaurare un’impensabile amicizia durata per il tempo che la vita ha reso possibile.
Dal “trattamento” (fase transitiva espressa in forma di novella coi dialoghi già definiti, precedente la sceneggiatura con la stesura dettagliata del film), frutto del confronto creativo sulla storia tra Ettore (autore dell’idea), la figlia Silvia (coautrice da tempo nei film paterni), Furio Scarpelli e il figlio Giacomo, ho sceneggiato il testo sulle necessità visive e i ritmi del fumetto, mantenendone integro il contenuto, e nel 2014 abbiamo realizzato il libro Un drago a forma di nuvola nel desiderio di rivitalizzare su carta cast e location prescelti da Scola per la Medusa Film.
Quel racconto è in questi giorni nelle sale cinematografiche col titolo Il materiale emotivo, reinterpretato nella scrittura da Margaret Mazzantini e diretto da Sergio Castellitto, a cui ho potuto stringere la mano sul set di Cinecittà nel 2019.
Come ha recentemente rivelato Silvia durante un’intervista, la coppia ha chiesto la libertà artistica di realizzare un’opera basata sul fil rouge della trama, ma adattata con la propria ottica alle esigenze del cinema.
Due modi differenti di comunicare la stessa vicenda, che hanno comunque il potere di arrivare al pubblico per emozionarlo in maniera autonoma.
Di seguito all’episodio conclusivo della saga di KP, ho realizzato le illustrazioni ad acquarello per un’edizione in inglese del libro di Mark Twain Huckleberry Finn, pubblicata da DeAgostini Ragazzi per facilitare ai giovani la lingua d’Albione. Quindi è sopraggiunta Edizioni NPE con l’idea di una “Collana Milazzo”, dandomi la possibilità di rendere concreto il saggio L’emozione delle immagini. Viaggio tra linguaggio e inconscio e una storia su Tina Modotti, vagamente riposta in un cassetto della mente da quasi vent’anni.
NP: La storia di Tina Modotti è qualcosa che sembra averti colpito per molti decenni, mi sbaglio? Per molto tempo hai sognato di realizzare un’opera su di lei e cos’è stato che di Tina Modotti ti ha sempre affascinato tanto?
IM: Nella presentazione del libro Tina o Maria, Riflessi di una vita spiego la genesi della storia. La breve vita di Tina Modotti, conclusasi improvvisamente e misteriosamente su un taxi a Città del Messico nel 1942, sembra quasi inventata da un romanziere per le intricate vicende che la travolsero, creando per molti anni in questa protagonista del Novecento un perenne stato d’ansia nell’impossibilità di tornare a Udine e riabbracciare i propri familiari per il terrore di finire incarcerata, se non uccisa, a causa dell’intensa attività antifascista.
Molto è stato scritto su di lei per le sue scelte personali e politiche in anni in cui era predominante una visione comportamentale di genere maschilista in ogni settore lavorativo ed esistenziale, pur in un periodo storico di fervente attività intellettuale e artistica, con cambiamenti socioeconomici che hanno sconvolto il mondo attraverso gli orrori di due guerre mondiali.
Per la mancanza di notizie certe su alcuni momenti del suo percorso vitale, ancora oggi permangono infiniti dubbi sulla verità di certi fatti tanto da portare ancora molte persone a non capire chi fosse veramente, nonostante la rivoluzionaria creatività fotografica che ha lasciato in dono ai posteri.
NP: È una figura storica ed artistica molto controversa, su cui non ci sono abbastanza testi. C’è chi la odia, chi la ama, anche a seconda dell’ideologia di ciascuno. Tu proponi un punto di vista preciso (buona / cattiva) oppure lasci decidere al lettore?
IM: Il mio interesse narrativo non era né di fare una biografia, né tantomeno di esprimere alcuna considerazione. Affascinato dalle tragiche vicende che hanno condizionato l’esistenza di un essere umano e dalla personalità di tale donna, era mio desiderio esprimere un positivo punto di vista personale nell’auspicio che possa esistere nella disponibilità di tutti in un determinato passaggio della nostra vita.
Chi le è stato accanto nei diversi frangenti del quotidiano, ha vissuto i frammenti di quello che era Tina in quel preciso momento, mentre i ricercatori e gli storici provano a ricostruire i fatti cercando di dare una ragione a scelte e avvenimenti.
Penso, però, che la verità sullo stato delle cose la possa conoscere solo chi vive di persona tali scelte e tali avvenimenti. Forse, se è riuscito a divenirne consapevole. E così auspico sia stato anche per la Modotti.
Pertanto, i narratori possono creare unicamente alcune suggestioni con le parole, con le immagini apparentemente immobili dell’illustrazione, della pittura o della fotografia, con quelle in movimento del cinema e persino con le armonie suadenti della musica, ipotizzando realtà possibili nell’animo di coloro che fruiscono di tali magie e ampliando gli infiniti orizzonti della conoscenza e dell’immaginazione.
NP: Anche in questo graphic novel esplori tecniche e modi di narrare diversi, alternando scene concitate a tavole volutamente lente, colore e bianco e nero e così via. È meraviglioso vedere come tu – che hai fatto la storia del fumetto – a 74 anni stai ancora cercando, stai ancora sperimentando.
Hai in mente un nuovo graphic novel nel tuo futuro? Ce lo dovremo aspettare tra molti anni o la tua mente è già al lavoro?
IM: Raccontare una vicenda talmente complessa nella sintesi di poche pagine, ha richiesto collaudati meccanismi mediatici che potessero coinvolgere il lettore nelle varie situazioni narrative per fargli comprendere ogni avvenimento. Soprattutto trasmettergli l’indole essenziale di Tina e in particolare i diversi stati d’animo desunti dalle parole da lei stessa espresse nelle lettere a Edward Weston, fotografo californiano esteta dell’immagine, suo compagno negli anni che la condussero dal cinema muto di Hollywood alla luce ammaliante del Messico.
Per i molti accadimenti descritti, questo libro non è di lettura immediata, ma richiede attenzione e un tempo adeguato per essere in sintonia col contenuto.
Ma questo lo sa bene chi segue da tempo i miei lavori.
Il fruitore è poi libero di fare le proprie riflessioni sul personaggio o ulteriori approfondimenti per conoscere meglio i dettagli di una vita articolata e particolare.
Per me conta che abbia percepito ogni atmosfera e il sentire della protagonista nella condivisione delle emozioni, quale essenza vitale di ogni individuo.
Per il futuro non ho definito ancora nulla, se non la possibilità di un’opera con un abile scrittore americano, specializzato nelle fiction editoriali e cinematografiche. Vedremo, se sarà empatia.
Nel frattempo, mi godo la serenità dei miei anni e la bellezza della vita.
NP: Caro Ivo, grazie mille per averci dedicato il tuo tempo.
IM: Grazie a voi.