Marco P. Gasperetti (Roma, 1974), come tutta la generazione vissuta negli anni Ottanta.

Cresce a “pane, marmellata e cartoni animati” (in realtà più cartoni animati che marmellata). Non ha vere e proprie preferenze di genere, guarda un po’ tutto con curiosità, ma è fra i “fortunati” ad assistere alla prima messa in onda di Atlas Ufo Robot Goldrake e a vedere le avventure di Lupin (giacca verde) e Lady Oscar prima che la mannaia della censura si abbattesse su di loro.

Passa dalla visione delle fantascientifiche avventure dei “robottoni” alle varie e tormentate vicende delle orfanelle del World Masterpiece Theater, per poi seguire le sognanti storie delle maghette, ma sono le produzioni televisive americane come I Flintstones, I Jetsons (che all’epoca si chiamavano ancora rispettivamente Gli Antenati e I Pronipoti), Scooby-Doo, I Superamici, Tom & Jerry, I Puffi, che guarda soprattutto la domenica mattina, a scavare nel profondo e che ne formeranno lo stile come disegnatore e animatore.

La fascinazione delle “immagini sequenziali disegnate in movimento”, un modo più accettabile nel mondo adulto di chiamare i cartoni animati, non finisce con il passaggio dall’infanzia all’età adulta ma si consolida in una professione, restando comunque anche passione.

In veste di animatore collabora a progetti come la trasposizione animata di Corto Maltese di Hugo Pratt, il pilot (inedito) de La Compagnia della Forca di Magnus per poi spostarsi su progetti di animazione dal carattere più commerciale, come Sopra i tetti di Venezia ideato dal disegnatore disneyano Romano Scarpa e Everybody Loves a Moose per la regia di Giuseppe Laganà, certamente più affini a quelle produzioni che da ragazzino amava guardare la domenica in tv.

Alla professione di animatore e di scrittore (pubblica un libro sulle tecniche di animazione digitale intitolato Flashtoons nel 2012 ed è autore del saggio Hanna & Barbera per Edizioni NPE), affianca quella di docente del corso di animazione 2D presso la Scuola Internazionale di Comics di Napoli.

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